Ciclone Vasco: il maltempo non ferma la carica dei 40 mila

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Army_il_blasco
view post Posted on 14/9/2008, 00:54




Vasco, ma quanti cuori hai? Quante emozioni sai ancora regalare al tuo popolo dopo tanti anni, dopo tanti dischi e innumerevoli concerti? Dopo tante strade in salita, stagioni senza respiro, dolori profondamente intimi? «Io sono ancora qui» canta con saggio orgoglio il Blasco in Dimmelo te. E i quarantamila dello stadio Friuli si uniscono in coro a questo credo personale del non allineamento, della fuga dall'idiozia cavalcando fieri la libertà di non apparire. Evento doveva essere, evento è stato, nonostante la pioggia, quasi una vendetta di Lippi Pluvio dopo lo spavento di fronte al mostruoso palco che mercoledì ha fatto da inquietante sfondo alla vittoria della Nazionale azzurra contro la Georgia. Il mostro ieri sera era orbato (il maltempo non ha consentito un completo showlight), ma si è acceso comunque come un'astronave rock per due ore e mezzo di gioia. Già la gioia. Anche se lo spettacolo era preparato in ogni minimo particolare (un po' troppo americano, con qualche gigioneria di troppo), qui arriva il Vasco che... non t'aspetti: il filosofo di Zocca (lo chiamiamo così senza ironia) entra citando Spinoza: «Lui diceva che "chi detiene il potere ha bisogno di persone che siano affette da tristezza". Noi invece portiamo un po' di gioia». Da scaletta, ok, ma serviva, serviva parlare di musica come liberazione, come urlo contro un mondo che non vogliamo o come una carezza a chi ci cammina a fianco eppure è smarrito. No, non parliamo di un messia, parliamo di un sincero testimone, che non sa fare discorsi e che preferisce parlare con le canzoni e con quei muri del suono che una band stratosferica gli permette di erigere, di abbattere e poi ancora costruire con grande arte, soprattutto con sincerità. Dopo la gioia, la sincerità. Il ricordo di questa serata che porteremo con noi non è una canzone, ma l'immagine di Vasco che scende verso il proprio pubblico, la sua gente, quella che da sempre gli dà un senso. Non ha guardie del corpo o forze dell'ordine a proteggerlo.
Lui va, sa chi ha davanti da tanti anni sul fronte del palco del rock e della vita. E questo spiega anche perché tutti cantano in coro con il mago della pioggia. Si tratti di Qui si fa la storia, di Cosa importa a me, della travolgente e profetica Non appari mai o della delicata Silvia, della struggente poesia di Sally, delle saltellanti Mi piaci tu o Rewind o della civile arrabbiatura di C'è chi dice no, della dignità di Siamo solo noi. Pezzi che hanno fatto la nostra storia e che lui, con la solita generosità, dispensa a piene mani anche nei due medley, dove appaiono pezzi vecchissimi ma non dimenticati, resi con giovanile agilità, con sonorità nuove, con un piglio rock sempre più made in Usa ma assolutamente funzionale al progetto concertistico e al percorso del dottor Rossi. Il collante di tutto ciò è il carisma unico di Vasco, unico perché genuino, perché mai sopra le righe, ma fuori dalle righe, lontanissimo dalle omologazioni di un sistema annichilente. Un carisma che E adesso che tocca a me (singolo da ieri nelle radio, con tanto di video friulano girato a villa Caimo Dragoni di Buttrio) spiega bene: «E adesso che sono arrivato fin qui grazie ai miei sogni che cosa me ne faccio della realtà? Adesso che non c'è più brava gente e tutti son più furbi di me?». Adesso bisogna Vivere e cercare un'Albachiara che faccia sparire i nostri smarrimenti e ci restituisca emozioni e sentimenti, anche con l'umile forza di una canzone. Intanto ci godiamo questa gioia che Vasco ci ha regalato fino alla liberatoria corsa spericolata a torso nudo sul palco, l'ultimo abbraccio di mezzanotte al suo popolo rock.
 
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